“Voi chi?” Romanzo a puntate che sarebbe meglio finire qui… quarta puntata:

Speravate mi fossi dimenticato del romanzo a puntate vero? Invece no, purtroppo per voi. 

“Voi chi?” Romanzo a puntate che sarebbe meglio finire qui…

Ricordate? Avevamo lasciato il conte in città dove aveva acquistato fiori, avuto problemi con un lustrascarpe e sfidato la sorte pestando cacca di cavallo: rimessosi alla bellezza e meglio, il nostro conte Philippo, ha trovato una carrozza ed ora si dirige senza indugio verso la casa della adorata madama Gilberta degli Scazzi baronessa di Scaramella.

Ed ora l’emozionante:

Quarta puntata: 


Il conte Philippo, arrivò a casa di madama Gilberta, pagò la carrozza e strinse la mano al cocchiere ringraziandolo per aver incitato i cavalli  riducendo il ritardo che il conte aveva accumulato. Il cocchiere seguitamente si annusò le mani poco convinto. Quell’uomo doveva avere messo le mani da qualche parte e l’olezzo si era oramai trasferito alle sue. Guardò torvo il conte che si avvicinava alla porta della villa e con una lieve frustata invitò i cavalli a riprendere il cammino. 

“La vita, a volte, sa di merda di cavallo” pensò tra se il cavaliere riprendendo la sua corsa verso il tramonto e la città.

Philippo busso alla porta:

“Ah siete voi” 

L’impeccabile maggiordomo accolse Philippo. Ora: dovremmo dare un nome anche a colui che si prende cura delle grazie di madama Gilberta Degli Scassi, baronessa di Scaramella. Perché giammai un servitore debba essere chiamato “hey tu” o “scusi buonuomo”.

Ma sul maggiordomo torneremo poi, verso la fine del capitolo, perché la severità del momento, non ci permette certo di perdere tempo.

Dovremo dunque trovare un momento che ci consenta di fornire un giusto nome al servitore.

Il conte, comunque,  continuava a sentirsi a disagio e tornò come sua abitudine a guardarsi attorno.

“Non fate lo gnorri signor conte: dico voi nel senso di voi! Sappiate di avere un imperdonabile ritardo e che madama era così preoccupata che ha preferito rinunciare alla sua partita di volano.

“Cioè? Doveva andare a Volano (italico ridente comune in provincia di Trento che attualmente conta 3045 abitanti, a volte 3046 quando qualche straniero soggiorna a casa della sua bella)? Se non erro è un po’ distante da qui e per raggiungerlo in serata, avrebbe dovuto organizzare meglio la partenza”

“Conte permettetemi l’ardire di dirvi che a mio avviso voi non capite molto di sport”

“Ma non parlavamo di sport, bensì di viaggi a Volano”

“Il Volano è uno sport mio signore e davvero mi riesce difficile capire il vostro umorismo”.

“Umorismo: quale umorismo?

Ma per voi è normale che una persona decida di Partire per Volano per andare a giocare a volano? I campi erano ovunque: anche in questa tenuta”. Com’era difficile comprendere quell’uomo, ma anche quella donna.

Philippo era davvero un po’ frastornato, ma tra l’olezzo di sterco di cavallo che ancora emanava da scarpe e mani, le parole del maggiordomo e quell’insostenibile “voi”, si sentiva davvero un po’ sconfortato. 

Per fortuna, pensò Philippo, il maggiordomo non si era avveduto della disgrazia che aveva colpito il povero conte lordandolo.

“Permettetemi ancora di farvi notare il vostro stato…”

Eccolo là!

“Il mio stato è l’Italia” si spazientì Philippo

“Scusate: il vostro stato nel senso che vi siete presentato a questa porta in modo a dir poco indecente” 

“È stato un incidente”

“Signore avete fatto caso all’assonanza del termine incidente con indecente? Quasi le due cose viaggiassero di pari passo”

E qui, la discussione tra il Philippo e il maggiordomo di casa Scassi si impantanò. Il conte avrebbe voluto far notare l’indisponenza del servitore, ma ahimè non conoscendo il suo nome, si trovò in enpasse. Certo avrebbe potuto  chiamarlo Battista, ma gli parve scontato.

Difatti dovete sapere che non tutti i maggiordomi vengono battezzati “Battista”, alcuni vengono chiamati”Afranio”, altri “Gismondo”, altri ancora “Arcibaldo”, inoltre, in terra d’Albione alcuni scaltri maggiordomi si chiamavano “Jeeves”. Insomma: il

conte Philippo anche per colpa di chi vi scrive queste righe e che solo or ora ha trovato il nome adatto per il responsabile della della servitù di casa Scazzi di Scaramella.  Non trovando però un appiglio narrativo adatto, l’autore non sa ancora come comunicarlo al conte Philippo il quale si arrangiò: “buonuomo non vorrei offendere, so quanto voi servitori siate legati alla difesa dell’onore e non vorrei certo incorrere in un duello, che di certo vedrebbe la mia fine, nemmeno conosco il suo nome, ma garantisco: lei è il maggiordomo più irriverente che io abbia mai conosciuto”.

“Imperdonabile!”

“No gliene faccio preghiera: non mi sfidi a duello: odio le armi, con la pistola sono una pistola e con la spada sicuramente perderei qualche arto a cui sono affezionato. Lei è irriverente, è vero, ma le riconosco tutte le qualità riguardanti professionalità e simpatia”

“Imperdonabile dicevo, vi ho arrecato grave danno non presentandomi a voi la prima volta e vi domando perdono. Con questa mia mancanza ho disonorato una intera categoria di lavoranti a servizio. Non presentandomi e non dicendovi il mio nome ho disonorato la marsina che indosso”

“Scuse accettate”

“Una macchia indelebile sul mio curriculum che nessuno potrà cancellare, nemmeno la trielina”

A quel punto il maggiordomo scoppio in lacrime.

“Suvvia si riprenda” cercò di consolarlo il conte “Facciamo così: lei mi dice il suo nome e io chiuderò un occhio sull’intera faccenda: sarà il nostro segreto”.

Philippo strizzò un occhio e il maggiordomo, tra i singhiozzi, pensò: “povero uomo questo conte: ha tanti tic. Ogni volta che gli parlo si gira per guardarsi attorno ed ora questo strano difetto all’occhio. Spero davvero che la mia signora non lo prenda in considerazione come spasimante”.

“Dunque? Buon uomo?”

“Perdonate conte, accetto la vostra bonaria proposta e ricomincerò da capo in modo da non fare altri errori. Benvenuto in casa Scazzi della Scaramella, Conte Philippo, io sono il

Maggiordomo di questa casa ed in caso abbiate bisogno, potete chiamarmi Gerundio.”


Ora: se in questo romanzo qualcuno dovesse sbagliare un verbo, la colpa non sarà certo dell’autore bensì del maggiordomo.

Un modo forse scaltro per giustificare eventuali errori grammaticali, ma anche una piccola cattiveria perché ammettiamolo, chiamare un uomo (seppur personaggio narrativo) Gerundio, è un’idea davvero bislacca.

Commenti

Post più popolari