La cartolina

Un tempo, nemmeno tanto lontano, i pensieri e i messaggi per far sapere a tutti i conoscenti, agli amici ma anche ai nemici (provocando in loro la consueta invidia) quanto eri fortunato ad essere in vacanza e quanto stavi bene, i tuoi saluti venivano inviati tramite posta grazie ad un riquadro in cartoncino chiamato cartolina.

“Saluti da Voghera”: l’immagine stampata a colori sul fronte della cartolina mostrava le bellezze suadenti della cittadina.

“Cazzo ci sarà da vedere a Voghera” commentavano i soliti  invidiosi, ma a te non fregava nulla perché quei commenti restavano chiusi nelle case.

Non c’erano social o telefonini che permettessero un commento del genere e quindi il tempo faceva il suo dovere ammansendo l’invidia altrui fino al punto che al tuo rientro, il commento più crudele era “grazie per la cartolina… certo: potevi spingerti almeno fino a Milano…”

Era differente il modo di comunicare.

Non solo perché l’immagine della cartolina comunicava la tua voglia di viaggiare e scoprire nuovi mondi, ma potevi, grazie al retro  della cartolina in un apposito spazio, inserire un tuo pensiero agli amici tipo: “io sto in vacanza e voi no!” 

Certo eravamo un po’ stronzi anche allora.

Che poi io a Voghera non ci sono mai stato, ma ne conosco l’esistenza grazie alle famose “casalinghe” spesso nominate come stereotipo dalla televisione.

Ancora oggi mi chiedo: ma una casalinga di Voghera? Sarà differente dalle altre?

I dati scientifici sono poco chiari in tal senso e noi ci stiamo occupando di cartoline e non di mestieri, quindi torniamo in tema.

Le cartoline avevano un gran fascino.

C’era chi le collezionava, chi staccava i francobolli nella speranza di riutilizzarli, chi creava veri piccoli quadri zeppi di panorami.

C’era chi, le cartoline, le spediva al primo giorno di vacanza “perché così mi tolgo il pensiero e sperpero il resto del denaro in dolciumi locali” e chi le spediva l’ultimo giorno di vacanza per far sapere a chi leggeva che lo si era  pensato/a fino all’ultimo secondo della propria permanenza in “terra straniera”.

C’era un unico comune denominatore: la data di spedizione della cartolina non era così importante perché, la lentezza delle poste, era tale da essere sicuro che i tuoi saluti, da Voghera, sarebbero arrivati settimane se non mesi dopo la tua permanenza in quella o in altre parti (come va di moda dire di questi tempi) del globo terracqueo. 

La cartolina aveva un valore perché restava nel tempo. 

Appoggiata sopra un frigorifero o incollata su una porta o conservata dentro una scatola in latta che un tempo conteneva biscotti.

Oggi? I saluti si inviano da whatsapp o tramite social e forse si è persa un po’ la poesia dei gesti che furono. 

Pare che in qualche rivendita di souvenir locali, esistano ancora quei rettangolini di cartoncino e che forse, qualche turista conservatore, spedisca i suoi ricordi a casa di qualche amico.  Perché le cartoline fermano il tempo.

Il mondo è cambiato, ma non sulle cartoline li, il tempo, si è fermato al 1970 circa.

Immagini di piazze con parcheggi che ormai non esistono più, auto tipo “prinz” o Simca mille immortalate ad imperitura memoria d’uomo. 

Tra qualche anno o forse qualche secolo, quando qualcuno scavando nelle viscere della terra, troverà le cartoline come reperti e scienziati studieranno il significato di quegli scritti tipo: “corri postino” e “saluti cari” che venivano vergati con inchiostro di penne biro.

Prima che questo accada…

Dovrò andare a Voghera perché devo togliermi qualche curiosità.

Commenti

Post più popolari