Buon Primo Maggio
C’è tanto da dire in una festa che è dedicata ai lavoratori e a quelle che, nel passato, sono state indubbie conquiste sindacali in tema di diritti e doveri.
Oggi questa festa è diventata (perdonate la polemica) una tamarrata.
La festa dei lavoratori è diventata un concerto e va anche bene perché anche i musicisti sono lavoratori a tutti gli effetti e devono giustamente lavorare, magari non solo il primo maggio o nelle notti rosa.
Potrei dire che in questa giornata, i sindacati, si fanno belli davanti all’opinione pubblica parlando di lavoro (che non c’è) di sicurezza (quando la gente continua a morire schiacciata da attrezzi), di giusto salario (quando poi si accettano situazioni da due euro l’ora girando la testa dall’altra parte).
Il lavoro è poco, bisogna rendersene conto, ma soprattutto quel poco disponibile, è poco pagato e spesso prevede turni infernali.
Tante parole e pochi fatti perché, non si può dire, ma il sindacato è diventato quello che “lo sciopero lo facciamo di venerdì così facciamo il ponte”.
Dimenticando che lo sciopero non è una vacanza.
Lo sciopero è nato per creare disagio e per evidenziare problematiche del lavoratore. Lo sciopero è anche “sacrificio” perché il lavoratore, quel giorno, ricordiamolo, perde una parte di stipendio e non c’è da stupirsi se alcuni scioperi (che si fanno appunto di venerdì per ingolosire un po’ di più il lavoratore) falliscono o quasi. Perdere una giornata di lavoro può significare, per un lavoratore, non poter pagare una bolletta e in alcuni casi non potersi permettere nemmeno il cibo, perché deficit, guerre, speculazioni, hanno reso il potere d’acquisto di uno stipendio quasi nullo.
E qui mi domando dove siano quei sindacati che lottavano veramente per conquistare il giusto salario e i giusti diritti dei lavoratori.
Dove siano finite le manifestazioni per i diritti, per pensioni sempre più povere? Per non parlare di “vecchi” costretti a restare al lavoro perché la pensione si sposta sempre più avanti nel tempo e che per stanchezza, malattie, incidenti, manco ci arrivano alla pensione? Certo l’immagine è importante, ma farsi belli solo il primo maggio non è una cosa che serve a molto.
Lavorare per vivere o vivere per lavorare è una domanda molto attuale a cui nessuno da una risposta precisa.
Far parlare di se, solo al primo maggio, è un insulto per i lavoratori. Il sindacato ha un compito o, come si dice oggi, una “mission” molto importante: riportare ai tavoli trattative su giusto salario, discutere su come creare lavoro che possa sostenere e far vivere decentemente una persona, ma soprattutto ritrovare una forza unitaria con idee precise e fronte comune che abbia come scopo il lavoratore e il lavoro.
Un sindacato inoltre, deve farsi domande, chiedersi perché tante persone rinuncino ad avere una tutela e domandarsi perché molti lavoratori straccino tessere, magari smettendo di giustificare certi gesti affermando che un lavoratore che straccia la tessera o la
perdita di un iscritto sia “fisiologico e nella normalità” perché a mio avviso, un lavoratore che si allontana dal sindacato è una sconfitta per il sindacato, ma anche per il lavoratore che versa una quota del proprio stipendio ad una confederazione.
Ma ormai i sindacati, perdonate la similitudine, sono un po’ come i partiti politici: senza idee precise, con “capitani” che cercano di galleggiare su un mare in tempesta con una barca che fa acqua da tutte le parti.
Ben vengano il primo maggio e i festeggiamenti, ci mancherebbe altro, ma da qui bisogna ripartire con la voglia di ritrovare la voglia di lottare per quei diritti di uguaglianza, pari opportunità, giusto salario eccetera di cui sentiamo solo parlare, ma che restano in un limbo che assomiglia tanto ad un girone infernale.
Io questo primo maggio lo lavoro, come tanti altri colleghi e come tanti altri colleghi lo festeggeremo sperando che chi deve vigilare sui diritti, sui benefici, sulla salute, sul benessere, ma soprattutto sulla sicurezza del lavoratore, torni a fare quel lavoro con attenzione, passione e “fede” e che non si lavori solo per ricordare che “allora è vero che i sindacati esistono ancora”, solo al prossimo concertone del primo maggio.
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