Il mitra di plastica

Un tempo, fedele al proverbio “Pasqua con chi vuoi”, abbandonavo, ad anni alterni, le terre natie per abbordare quelle milanesi.

In stazione, ad accogliere l’allora esile corpicino del sottoscritto c’era mia cugina Rosa.

Con lei era tutto molto divertente perché trasformare fantasie in realtà veniva facile.

Scrivevamo canzonacce che nemmeno gli “Squallor” avrebbero avuto il coraggio di cantare, ma soprattutto, dietro quelle gonnelline color pastello, si nascondeva una vera “delinquente” (e io, in jeans, ero un ottimo complice)

Rosa incarnava quanto più di femminile potesse esserci e ti incantava con la sua voce morbida e bassa stupendoti dicendo: “ora giochiamo con il mitra” e col mitra (di plastica) si giocava!

A tenerci un po’ ancorati alla realtà, Silvia  l’altra mia cugina, più piccina dolce, gentile e sempre sorridente che con il suo animo nobile sconsigliava di fare giochi cosi violenti, ma che in fondo si divertiva era attratta e alla fine si prestava a divenire vittima delle nostre angherie da “grandi”.

Silvia da grande è diventata vigile urbano e forse è un po’ la colpa è nostra. Una sorella e un cugino scapestrati e privi di regole… ci voleva qualcuno che tenesse le fila della saggezza in famiglia.

Comunque la Pasqua, che fosse a Milano o Ravenna, aveva regole importanti: a letto tardissimo la sera della vigilia e sveglia all’alba al suono del concerto per due trombe e orchestra di Antonio Vivaldi.

Una tradizione durata decenni.

Le uova di Pasqua erano poco importanti, importante per noi era andare a visitare e scoprire luoghi misteriosi delle nostre reciproche città.

Con Rosa siamo riusciti a perderci per le strade del porto di Ravenna, ma anche in vicoli particolarmente poco interessanti e non propriamente ben frequentati della città meneghina ignorando forse anche qualche rischio.

Erano tempi diversi dove un bambino a dodici o tredici anni, poteva girare liberamente per le vie di una (anche grande) città: oggi nessuno permetterebbe ai propri figli di fare ciò che facevamo noi.

Eravamo pionieri, esploratori.

Scalatori di alberi e di tetti, eravamo come gatti che saltavano in libertà assoluta da una parte all’altra fregandocene di cosa fosse bene e di cosa fosse male.

Noi eravamo i film d’azione dei cinema, capaci di inventare avventure incredibili a costo di lasciare metri di “rotule” sull’asfalto, perché è vero che la libertà è vita, ma anche un costo: a volte fisico.

Scorrono lontane, ma ancora così potenti le note del concerto per due trombe di Vivaldi che ancora oggi, nel periodo pasquale mi risvegliano dalla nottata ed è un risveglio dolce perché nell’aria c’è odore di cioccolato e questo vuol dire che sarà una bella giornata.

Ora prendo il mitra di plastica sveglio mia cugina che è ora di andare a giocare.

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